Agosto 2014. Cammino per via Paolo Sarpi, la Chinatown di Milano, dove ho appena preso casa. Quest’anno niente vacanze. Ho speso tanto per quel poco che guadagno e la mia ragazza ha ben deciso di partire con un altro. Mi sento come un attore che recita una storia di cui non ha capito il ruolo.
Assorto, squilla il telefono. Dall’altra parte un collega che mi chiede se posso interrompere le ferie per dare una mano ad AISLA, una onlus che si occupa di assistenza ai malati di SLA, nel viralizzare una iniziativa spontanea nata online per raccogliere fondi per la ricerca contro questa malattia rara conosciuta allora solo per Stephen Hawkings.
L’Ice Bucket Challenge è stato un gioco di quell’estate: consisteva nel tirarsi addosso una secchiata d’acqua gelata, riprendersi, pubblicare il video online e nominare altre tre persone per fare lo stesso. È molto semplice: se vieni nominato e ti sottrai alla prova, devi donare 10 dollari (oppure euro) per la cura contro la SLA. Se vieni nominato e ti getti la secchiata d’acqua ne doni solo 5.
L’iniziativa si viralizzava molto bene da sola, ma non funzionava per i malati di SLA in Italia, perché le persone non donavano e quelle poche volte che lo facevano era a favore dell’associazione americana. Ecco, in quel piccolo frangente ho scoperto il mio ruolo in quella storia.
Quel lavoro diventato una missione ha scaldato il mio cuore e come effetto ha messo in moto l’ingegno: per prima cosa ho reso più semplice la donazione da cellulare per l’associazione italiana con un piccolo escamotage tecnico su Paypal, in seguito abbiamo cominciato a comunicarlo.
In una bella intervista per l’Huffington Post (oggi HuffPost), l’ex calciatore Massimo Mauro, presidente di AISLA, dopo essersi sottoposto anche lui all’Ice Bucket Challenge, ha spiegato bene le finalità dell’iniziativa (raccogliere soldi per la ricerca contro la SLA) e sollevato il problema delle poche donazioni. È subito arrivato il supporto degli influencer online, categoria nuova allora, ma che funzionava già bene.
Su tutti, ricordo Pinuccio che in un esilarante video su youtube diceva di non voler sprecare l’acqua perché in Puglia ce n’è poca, ma di fare il bonifico per AISLA.
Con l’ironia ha spento tutte le polemiche sterili che iniziavano ad accendersi su quanto servisse o meno una iniziativa così, e sono invece cominciate a girare online le foto delle donazioni fatte ad AISLA. Le donazioni sono diventate talmente tante che Paypal ha dato un supporto speciale ad AISLA, alleggerendoli di tutte le spese.
Alla fine sono stati quasi 2 miliardi e mezzo di euro i soldi raccolti in meno di due mesi, che sono stati investiti nella ricerca e hanno gettato una luce di speranza su quella malattia, la SLA, oggi più conosciuta.
Quanto a me, al termine di quella frenetica estate, ero senza ragazza, ma con un cuore tirato a lucido e ugualmente felice.
Mentre ascoltavo la conferenza stampa di AISLA che annunziava i risultati storici raggiunti, ho capito di aver recitato bene il mio ruolo in una storia più grande di me; all’inizio una storia poco incantevole e di pochi sfortunati, durata una sola estate, ma che ha coinvolto, divertito e reso protagonisti centinaia di migliaia di persone in Italia.
La mia storia che incanta doveva essere presente nel bel libro di Andrea Fontana dove sono raccolte molte belle e altre storie. Oggi una storia è: l’eleganza di un contenuto, l’ispirazione di un’immagine, la grazia di un brano musicale, l’autenticità di un gesto che parla di noi. Andrea Fontana racconta il lato narrativo dei Brand e spiega come farlo. Lo trovate su Amazon QUI.