Gli Artisti di Esfahan

Vi porto tra gli artisti di Esfahan, per visitare questa città sia talmente bella che è detta La metà del mondo


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Camminando tra le botteghe, dove gli artisti realizzano davanti agli occhi della gente, miniature su osso di cammello, vasi di rame smaltato colorati con tinte blu (mina in persiano), tovaglie di cotone stampate a mano (qalamkar) e piatti di rame zincato scolpiti (qalam zanì), si ha la sensazione di camminare in una città italiana e non a Isfahan, dato che si sente, più del persiano, il verbo di Dante. La novità è che sono tante pure le giovani coppie italiane, che camminano tenendosi per mano, dato che ciò non è più un problema nella Repubblica Islamica. A quanto pare la repressione dei voli diretti da parte di alcune compagnìe aeree, Alitalia inclusa, non ha sortito effetti negativi; hanno utilizzato per lo più la Turkish e la Qatar Airways, con scalo a Istanbul e Doha, i tanti italiani, che sono tutti contentissimi di essere venuti. Non si riesce a cogliere nemmeno lo scontento della gente sul cibo, un qualcosa sulla quale gli italiani sono molto sensibili; per tutti è una cucina raffinata quella iraniana, ricca di sapori, ma poco speziata. I dati dell’organizzazione del Turismo iraniano parlano chiaro: aumento del 57% dei turisti nei primi 8 mesi del 2018; gli italiani sono la terza popolazione europea più presente, dopo tedeschi e francesi.

La bellezza del dialogo tra le civiltà
È bello vedere soprattutto il dialogo tra due popolazioni, che rappresentano due grandi culture del passato, quella persiana e quella romana, e allo stesso tempo due grandi confessioni, il Cattolicesimo cristiano da una parte e lo sciismo islamico dall’altra.
Sotto la cupola della Moschea dello Scia’ di Isfahan, dove l’eco della voce del Muezzin si sente per 7 volte, la gestione permette ai turisti di cantare, ed allora Annapaola, che viene da Roma e ha una bella voce, intona un “Alleluja” e riceve l’applauso degli iraniani che le stanno attorno.
Nel palazzo di Chehelsotun, o delle quarante colonne, gli affreschi delle feste del periodo Safavide (quattro secoli fa) sono pieni di vino, danzatrici e vi è pure qualche immagine di nudo artistico; qui gli italiani si meravigliano, è un Iran che non si aspettavano.
Il dialogo non passa attraverso schemi ideologici; una guida turistica, nella moschea Atigh di Isfahan, la cui costruzione risale al 772 d.C., racconta che una delle pareti della moschea, che espone delle piastrelle in rilievo, che accostate formano un quadrato, richiama la parabola sufi che dice che la verità era uno specchio nelle mani di Dio e che dopo che essa cadde sulla terra andò in frantumi; ogni uomo allora prese in mano un pezzo e quindi aveva in mano solo una parte della verità, credendo invece di averla tutta.
In altre parole, gli iraniani di oggi, seppur gelosi della loro tradizione, sono a caccia di trasformazione; lo testimonia il cambiamento veloce dei costumi, che si osserva soprattutto nella sempre maggiore libertà delle donne nel vestirsi.
È un popolo che sa bene che il contatto ed il confronto con le altre civiltà, non può che comportare crescita e fargli trovare “altri pezzi dello specchio”.


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